News Aftermarket

Il linguaggio è fondamentale, anche in azienda

Usiamo sempre più spesso un linguaggio inappropriato, per fretta e noncuranza, spinti da un’educazione inadeguata e dai social che ci diseducano a un utilizzo di parole all’altezza dei nostri pensieri, dando poi per scontato che chi ci sta di fronte comprenda esattamente le nostre intenzioni. “Il linguaggio traveste i pensieri”, diceva Wittgenstein: impariamo ad usarlo correttamente se vogliamo che i nostri progetti trovino efficacia, perché il cambiamento in azienda passa anche attraverso parole e proposizioni appropriate

di Andrea Taschini

“Il più delle proposizioni e questioni che sono state scritte su cose filosofiche non è falso ma insensato [….] ad esse non possiamo rispondere, ma solo stabilire la loro insensatezza”.

È l’enunciazione 4.003 di Ludwig Wittgenstein nel celeberrimo Tractatus concepito per lo più durante la Grande Guerra, oramai più di cent’anni fa quando Ludwig era in stato di prigionia in Italia, pubblicato nel 1921 e divenuto uno dei libri fondamentali del 900. Esso costituisce un testo basilare nella comprensione dei temi del linguaggio dell’era contemporanea. Anche l’ambiente aziendale non si esime da questa logica: il più delle volte le risposte dei nostri collaboratori non sono errate, ma sono le domande a essi rivolte a essere insensate e di conseguenza diviene impossibile ricevere repliche corrette. Il ruolo di chi pone domande è sostanzialmente più importante di quello di colui che è preposto a dare risposte. Tutto sommato rispondere non è così difficile: fare domande e farle sensate è veramente l’essenza della leadership, sebbene in pochi si riconoscano in questo assioma. I temi aziendali e le decisioni strategiche si risolvono in meeting dove vengono formulate domande pertinenti e decisive più che risposte azzeccate. La qualità delle risposte sarà proporzionata alla fondatezza delle questioni poste. Porre questioni sensate (trovo che il termine inglese question più efficace della parola italiana domanda, perché esprime un concetto più estensivo) è quindi un passo di fondamentale importanza nel processo decisionale aziendale. Non sorprendetevi, riflettete bene su quante volte avete ricevuto domande o avete voi stessi posto questioni non fondate e imprecise che poi hanno influito negativamente sulla pianificazione manageriale. Capita a tutti, senza dubbio, ma maturare una peculiare consapevolezza della rilevanza del tema e lavorare al suo affinamento aiuta senza dubbio a prestare più attenzione alla risoluzione delle questioni soprattutto se di importanza strategica. Tutte le questioni infatti hanno un’assoluta necessità di porre postulati corretti e sensati: la qualità della vostra strategia sarà direttamente proporzionale alla chiarezza degli obiettivi posti e alla correttezza del linguaggio utilizzato. Non a caso, al contrario, la politica usa linguaggi appositamente doppi e dubbi per non definire mai un argomento, prendendosi così la facoltà di lasciare aperti più scenari possibili come era solito fare l’oracolo di Delfi. In azienda dove gli oracoli non servono, abbiamo invece bisogno di definire le questioni in maniera netta ed inequivocabile se vogliamo dare corpo e seguito alle nostre strategie e non è ammessa alcuna doppiezza. Se siete di fronte a un manager che gestisce un’azienda come un politico e purtroppo capita sempre più spesso, siatene allarmati perché non vi condurrà mai al successo, ma ripetutamente fuori strada.

 

Per un linguaggio appropriato

È forse un tema di linguaggio?

Direi di sì, non solo perché il linguaggio “traveste i pensieri” e quindi se non usato correttamente distorce a chi ci sta di fronte le nostre intenzioni, ma riguarda un più ampio tema rivolto alla fondatezza delle affermazioni che coinvolgono il comune principio di non contraddizione, architrave di sostegno di tutto il pensiero occidentale. Contraddire le proprie affermazioni attraverso l’utilizzo di un linguaggio scorretto mette i nostri collaboratori in una situazione di disagio. Essi dovrebbero uscire dalle riunioni sempre con l’esatta idea della missione che devono compiere: i nostri errori di formulazione e/o di linguaggio creano inefficienza nel loro operato e una perdita di tempo ed energie inaccettabile. Teniamo anche in forte considerazione che la maggior parte di essi tenderanno a non chiederci mai chiarimenti sia per una naturale deferenza verso un superiore sia per non apparire inadeguati. Anche al sottoscritto molte volte è capitato di trovarsi nei labirinti di postulati confusi e fuorvianti, con la conseguenza di non comprendere la vera volontà del mio referente, disperdendo forze che avrebbero trovato un migliore impiego. L’abitudine del leader all’utilizzo di linguaggi appropriati indurrà il resto del team a fare lo stesso, innescando un processo virtuoso che coinvolgerà nel tempo tutto il “sistema azienda”: prendiamoci quindi anche la briga di correggere sul tema i nostri collaboratori soprattutto se giovani.

Come migliorare la proprietà di linguaggio? Innanzitutto va compreso che il linguaggio non è forma ma sostanza, uno strumento indispensabile per l’esplicitazione dei nostri pensieri. Inoltre va posta massima attenzione a come comunichiamo le nostre idee: ottime intuizioni non esplicitate correttamente perdono tutta la loro efficacia. Abbiamo fortunatamente una lingua precisa (non quanto il tedesco ma certamente più di altre) che ci mette a disposizione un’ampia selezione di vocaboli: impariamo ad usarli. Utilizziamo come abitudine almeno un’ora al giorno (sottraendola ai vari social) per leggere testi di qualità avendo così modo di imparare a modulare tutte le sfumature che il nostro vocabolario ci offre.

La centralità della lingua inglese

Wittgenstein, di lingua madre tedesca, nell’introduzione alle sue lezioni a Cambridge come preambolo avvertiva gli studenti che la sua esposizione avrebbe risentito del fatto che l’inglese non era la sua lingua madre, esprimendo così tutta la sua frustrazione per l’impossibilità di spiegare correttamente le sue tesi. Nelle multinazionali dove l’utilizzo delle lingue straniere è centrale ci si trova comunemente ad esprimersi in idiomi non propri. Ciò significa che in un mondo così globalizzato lo sforzo deve essere duplice e imparare bene l’inglese più di ogni altra lingua ricopre per la propria managerialità un ruolo chiave. Fortunatamente oggi le opportunità per imparare non mancano: abituiamoci per esempio a guardare film in lingua originale e ad ascoltare i notiziari in inglese: sarà uno sforzo in più, ma determinante nell’ampliare la nostra conoscenza della lingua oltre che avere una panoramica non solo italocentrica delle cose.

Il dovere della sintesi

La correttezza del linguaggio permette inoltre la sintesi. La capacità di sintesi è un dovere di ogni buon manager. Sempre più spesso fiumi di parole vengono riversati senza alcuna compiutezza e se è chiaro il concetto che “Il pensiero è una proposizione munita di senso”, dovremmo dedicargli particolare attenzione e sintesi perché le parole si tramutino in buone azioni.

Gli affabulatori appartengono alla politica o al teatro, non certo all’impresa. Il Tractatus a proposito si conclude con la celeberrima enunciazione 7: “Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere” e infatti mai più grande verità fu scritta, se è vero che spesso anche nelle aziende si sentono affermazioni il cui silenzio sarebbe di gran lunga preferibile alle parole.