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Fit for 55: stop ai motori endotermici dal 2035, rischio lavoro per 450 imprese italiane

Una vera e propria rivoluzione industriale da mettere in atto in appena 13 anni è stata scelta l'8 giugno da 339 parlamentari europei sbaragliando i contrari (249) e gli astenuti (24): 339 politici hanno deciso che dal 2035 non si potranno più vendere auto con motori a combustione, pur con un salvagente per i piccoli costruttori di auto sportive. Di chi è questo progetto?

SPEGNERE I MOTORI A COMBUSTIONE

Fit for 55 è un progetto molto ambizioso ma anche per certi versi spericolato che punta al lodevole taglio delle emissioni nocive del 55% entro il 2030. Un progetto fortemente voluto e spinto da Frans Timmermans, socialista e vice presidente della Commissione europea ma anche della Presidente Von Der Leyen. Lodevole per l’ambiente ma che non tiene conto del violento impatto sociale che potrebbe avere sulla produzione industriale europea e sull’occupazione. Se vi venisse qualche dubbio, dovreste parlare con qualche colletto blu dell’impianto industriale Bosch di Modugno (BA): parliamo dello stabilimento che per per quasi 25 anni ha prodotto le componenti dell’iniezione common-rail, il sistema di iniezione diretta che ha visto trasformare il motore diesel da lento, rumoroso e puzzolente in prestante, confortevole e sufficientemente pulito. Qui, dei 2500 lavoratori in forze nel 2002, sono rimasti in 1500 di cui 700 già dichiarati in esubero. E c’è da pensare che in due o tre anni l’impianto possa essere chiuso visto che già oggi il motore a gasolio è diventato di nicchia.

LE TUTE BLU TREMANO PER LA TRANSIZIONE ECONOMICA

Quei 339 parlamentari europei avranno pensato ai 500 dipendenti dell’impianto Stellantis di Verrone in Piemonte dove si assemblano 215.000 trasmissioni l’anno? Con l’auto elettrica il cambio non serve… non servono neanche gli operai. Non meno impattante l’eventuale chiusura dello stabilimento ex VM ora Stellantis di Cento (FE): qui si producono solo motori diesel e ci sono 800 tute blu a rischio. Termoli Imerese con 2300 dipendenti dovrebbe a breve stoppare la produzione di 300.000 mila motori e 150.000 cambi per diventare una GigaFactory. Quindi essere dedicata al mondo elettrico… si ma con quanti dipendenti? Se Melfi sta già virando verso l’elettrico e una parte dei 6000 operai potrebbe salvarsi, per i circa 1800 di Pratola Serra il destino è segnato: qui si fanno solo motori a combustione. Ed è poco credibile che questo impianto possa essere salvato con i motori elettrici che sono realizzati con meno componenti e richiedono minori spazi. Quei 339 parlamentari potrebbero aver segnato il destino di queste e molte altre fabbriche che in soli 13 anni potrebbero finire nei fumosi ricordi di chi ci ha lavorato, come accadde per l’Autobianchi di Desio (1992), l’Innocenti di Lambrate (1993), Chivasso (2002), Arese (2005), Termini Imerese (2012) e Grugliasco a breve (previsto chiusura 2024).

CLEPA TEME PER 500.000 OPERAI

Dice CLEPA, non noi semplici giornalisti di Car Carrozzeria, ma l’Associazione Europea dei Produttori di Componentistica, che questo progetto dovrebbe causare una perdita occupazionale europea di circa 500.000 posti di lavoro nella filiera della produzione di componenti per i motori a combustione. 360.000 posti salteranno già nel 2030. O forse anche prima visto che si sussurra già di possibili 1200 esuberi nella filiera produttiva di Marelli per gli impianti di Crevalcore e Bari, tutti dedicati ai motori a combustione.

ANFIA PREOCCUPATA PER 450 IMPRESE ITALIALE

ANFIA (Associazione delle Imprese della Filiera Automotive) per parola del suo Presidente Paolo Scudieri stima ben 450 imprese italiane legate alla produzioni di componenti tradizionali molto esposte da questa decisione politica, presa con una maggioranza risicata. Anche il Presidente di OMR di Brescia, Marco Bonometti, si espresso senza mezzi termini parlando di una vera mazzata per l’industria europea di componenti.

I NOSTRI DUBBI

Possono dunque 339 uomini decidere del destino di un continente con modi trancianti e tempi ristretti? Hanno la competenza per valutare l’impatto sociale? Ci sono le condizioni economico e sociali per poter affrontare quello che potrebbe essere il più grande piano di ricollocamento dell’era industriale? Ci sono i tempi per una transizione energetica a livello produttivo di energia? Sono tante le domande e scarseggiano le risposte…Forse c’è la domanda delle domande: questo regolamento potrà essere riaperto dal prossimo passaggio al Consiglio Europeo

a cura di Renato Dainotto