Attualità

Transizione energetica e Fit for 55: l’impatto sull’aftermarket

Pacchetto Fit for 55, blocco della vendita di auto e furgoni endotermici dal 2035, mobilità elettrica come unica strada per la decarbonizzazione: quali saranno gli effetti sulla filiera aftermarket?

Il processo ormai innescato dall’approvazione delle misure del pacchetto Fit for 55 da parte del Consiglio europeo – con il blocco della vendita di auto e furgoni a motore endotermico dal 2035, quindi la conclamazione (mai esplicitata, ma oggettiva) della mobilità elettrica come unica strada per la decarbonizzazione – rappresenta un rischio concreto per la filiera automotive italiana ed europea.

Le aziende che lavorano nell’indotto del motore termico non sono ancora pronte ad affrontare l’inevitabile riconversione industriale, né la ricollocazione della forza lavoro, tantomeno la concorrenza asiatica… Non solo, mancano le infrastrutture e neanche gli automobilisti sono d’accordo…

Filiera automotive: tutte le critiche al pacchetto Fit for 55

Alla filiera automotive italiana ed europea, le misure del pacchetto Fit for 55 relative al settore non sono mai piaciute. La consapevolezza dell’urgenza di tutelare ambiente e risorse – quindi le iniziative previste dal Green Deal che mirano ad avviare l’UE sulla strada di una transizione verde e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 – non basta per “digerire” quanto deciso a Strasburgo lo scorso 29 giugno dal Consiglio europeo dei Ministri dell’Ambiente.

Lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel (ma anche a gpl, metano, nonché auto ibride e plug-in) dal 2035, le tasse maggiorate sui carburanti inquinanti, la revisione del regolamento dell’infrastruttura per i combustibili alternativi, l’obbligo per i Paesi membri di velocizzazione lo sviluppo della rete di ricarica, avranno cadute rilevanti sull’economia attuale del settore auto e dei trasporti, già alle prese con la crisi globale scatenata dalla pandemia, dai costi esorbitanti delle materie prime, dalla carenza dei microchip, dalle interruzioni della supply chain e infine dalla guerra in Ucraina.

Inefficaci anche le poche aperture, bene accette, ma non risolutive, come l’inclusione dei biocombustibili (biometano, BioLNG), carburanti sintetici, idrogeno (da rivalutare però al 2026 il loro impatto effettivo in termini di decarbonizzazione) e la proroga della deroga alle regole Ue sugli standard di emissione della CO2 a beneficio dei produttori di nicchia (piccoli costruttori, dai 1000 ai 10mila veicoli all’anno), che potranno avere tempi dilazionati per raggiungere obiettivo.

La preoccupazione delle aziende che operano nell’indotto del motore termico, non solo i componentisti ma l’intera filiera aftermarket (produttori, distributori, ricambisti e officine) è tangibile.

L’esigenza di riconvertire la produzione e il tema occupazionale connesso sono oggetto di analisi, commenti ed esternazioni dei rappresentanti delle associazioni di categoria e dei tavoli di lavoro degli addetti.

A proposito del Fondo Automotive

Il Fondo Automotive consiste in una manovra da 8,7 miliardi di euro, che dovranno essere utilizzati per sostenere, una volta identificati e definiti, gli strumenti di supporto alla riconversione industriale e alla crescita dimensionale delle imprese, comprese opportune modifiche agli incentivi già in vigore (che non soddisfano nessuno e stentano a decollare se non per la fascia più “gradita”, quella per vetture ad alimentazione tradizionale con emissioni di CO2 da 61 a 135 grammi al chilometro, disponibili dal 25 maggio 2022 e già esauriti completamente il 13 giugno).

Al Tavolo Automotive del  23 giugno convocato al Ministero dello Sviluppo Economico e presieduto dal Ministro Giancarlo Giorgetti (presenti i Ministri Roberto Cingolani, Daniele Franco, Enrico Giovannini e Andrea Orlando e del Viceministro Gilberto Pichetto Fratin), il Presidente di Anfia  Paolo Scudieri, ha manifestato innanzitutto la soddisfazione per la presenza in forze del Governo.

“Dato il suo peso a livello economico e occupazionale, la transizione del nostro settore ha bisogno del lavoro sinergico di tutte le istituzioni competenti. Anfia proseguirà nella collaborazione quotidiana con il Governo, in rappresentanza di proposte e fabbisogni delle imprese della filiera automotive, per affrontare la transizione ecologica, sostenere il mercato delle tecnologie a zero e a bassissime emissioni e per la diffusione della rete infrastrutturale pubblica e privata”.

Cosa prevede il Fondo Automotive per la riconversione energetica e produttiva

Il Fondo Automotive prevede finanziamenti fino al 2030 destinati alla riconversione produttiva, (700 milioni di euro nel 2022, quindi 1 milione di euro ogni anno, dal 2023 al 2030) per “favorire la transizione verde, la ricerca, gli investimenti finalizzati all’insediamento, alla riconversione e riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente e di sviluppo digitale, nonché per il riconoscimento di incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti e per favorire il recupero e il riciclaggio dei materiali”.

Un fondo con una dotazione di 150 milioni di euro per il 2022 e 500 milioni di euro ogni anno sarà destinato dal 2023 al 2030 per promuovere la ricerca, lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori e l’investimento in nuove applicazioni industriali di tecnologie innovative, anche tramite la riconversione di siti industriali esistenti e l’insediamento di nuovi stabilimenti nel territorio nazionale.

Infine saranno integrate le agevolazioni del Fondo nuove Competenze alle aziende già destinatarie per consentire la crescita delle qualifiche dei lavoratori.  Basteranno questi interventi per tamponare la trasformazione dirompente che attende le imprese e la società?

La riconversione energetica secondo Anfia

La proposta di Anfia relativa alla semplificazione e al rafforzamento degli strumenti di politica industriale e a un piano adeguato alla transizione industriale si articola in più punti, tra i quali:

  • incentivi fiscali e/o a fondo perduto per l’avvio di progetti di riconversione produttiva
  • digitalizzazione
  • supporto a investimenti in nuovi processi produttivi
  • voucher di riconversione per il sostegno qualificato nell’elaborazione di business plan di riconversione
  • strumenti fiscali per agevolare le aggregazioni tra imprese per la crescita dimensionale
  • decontribuzione costo lavoro
  • potenziamento di misure agevolative destinate a progetti di ricerca, sviluppo e innovazione
  • in ottica di internazionalizzazione, outbound e inbound a supporto delle operazioni di acquisto di aziende estere e investimenti esteri in Italia
  • strumenti di incentivazione fiscale per la formazione delle nuove competenze. Poi, naturalmente, incentivi all’acquisto di auto e veicoli commerciali…

L’Aftermarket: come affrontare la transizione energetica

Il percorso verso l’elettrificazione è ormai un dato di fatto. Va rivisto il portafoglio prodotti per accompagnare le aziende verso la necessaria, inevitabile, reindustrializzazione dei processi produttivi.

Così spiegava a Parts, qualche mese fa Gianmarco Giorda, Direttore Generale di Anfia: “Non è un processo facile e ci sono molte difficoltà: un’auto elettrica ha molti meno componenti di una a benzina o diesel e molti di questi sono internalizzati dall’OEM, il motore elettrico è spesso realizzato dagli stessi costruttori di auto… La torta della componentistica di primo impianto si ridurrà in maniera significativa, con ripercussioni a valle nella catena”.

Anfia è altresì preoccupata che “aziende multinazionali che realizzano in Italia componenti per le auto a combustione interna, potrebbero decidere di interrompere l’attività nel nostro Paese se non saremo in grado di garantire opportunità e strumenti finanziari e fiscali per riconvertire la produzione”.

Il tema della riconversione industriale non si risolve quindi con i soli finanziamenti e gli incentivi. Lo “switch” favorito dalle azioni politiche deve sostenersi su un substrato economico, culturale e sociale.

La filiera automotive italiana, con oltre 278mila addetti e 5.500 imprese, fattura 106 miliardi di euro l’anno e vale il 6,2% del Pil. Non solo, “In Italia, il numero delle aziende legate alle tecnologie più tradizionali, alla meccanica e al motore termico, è elevatissimo e decine di migliaia di persone lavorano in imprese potenzialmente colpite dalla transizione energetica”.

Inoltre, come riportato nello studio Global Outoolk Automotive 2021 della società di ricerca di Alix Partner, “In questo quadro molto complesso, i fornitori sono particolarmente vulnerabili, con l’ingresso di nuovi concorrenti, tra cui i fornitori di batterie e tecnologie, e con la scelta delle case automobilistiche di produrre in proprio un numero maggiore di nuovi componenti per convertire gli impianti e le competenze del personale ai veicoli elettrici”.

Secondo AlixPartners, i fornitori sembrano avere accesso solo al 28% del valore di produzione dei nuovi powertrain. “Case auto e fornitori” ha dichiarato Dario Duse, Managing Director e co-leader europeo del team Automotive and Industrial di AlixPartners, “stanno continuando ad affrontare un contesto complesso e soggetto a continue disruption, dando prova di reattività e recuperando margini utili a sostenere gli ingenti investimenti necessari al completamento dell’elettrificazione, che avverranno prima che i volumi siano sufficienti a raggiungere per economie di produzione e competitività dei costi paragonabili alle vetture con motore a combustione interna”.

“Mentre molte aziende stanno pianificando la propria transizione, è necessario sviluppare ulteriormente la capacità di riprogettare la catena di fornitura e gestire la transizione per limitarne il costo: i 70 miliardi di dollari di costo complessivo per l’industria fino al 2030 possono essere dimezzati con una gestione attenta e proattiva”.

Il Global Outlook 2021 segnala che un veicolo elettrico costa mediamente il 60% in più di un equivalente veicolo a combustione, con un terzo del costo legato al pacco batteria.

“Miglioramenti tecnologici ed economie di scala hanno permesso di ridurre il costo delle batterie negli ultimi 5 anni, ma l’aumento delle materie prime potrebbe causare un’inversione del trend nel 2022. Il difficile percorso verso la parità di costo tra veicoli elettrici e a motore termico potrebbe subire un rallentamento” ha commentato Emanuele Cordone, Director di AlixPartners.

Una soluzione a cui l’Europa sta guardando, sottolinea lo studio, è la nascita di gigafactory, enormi fabbriche di batterie elettriche che possano compensare il calo di attività, fatturato e personale dovuto alla scomparsa di alcuni componenti nell’auto elettrica. Va in questa direzione l’investimento fatto da Stellantis nel plant di Termoli, dove prima si facevano motori endotermici.

Secondo il Global Automotive Outlook, infine, “in futuro i nuovi acquirenti si concentreranno maggiormente sul prezzo di acquisto, sui costi di proprietà e sulla comodità di ricarica, il che richiederà uno spostamento della focalizzazione di costruttori e fornitori dal time-to-market alla competitività sui costi e un continuo investimento sulla rete di ricarica, che oltre alla capillarità dovrà anche raddoppiare l’utilizzazione (tempo in cui viene effettivamente erogata energia) per essere economicamente sostenibile e produrre ritorni sugli ingenti investimenti necessari”.

 

 

a cura di Manuela Battaglino