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Scatola nera: facciamo chiarezza con la Motorizzazione

La black box è uno strumento che le assicurazioni propongono per abbassare il premio della polizza RC Auto. Ma come funzionano? Chi gestisce i dati rilevati e chi garantisce la privacy? Abbiamo rivolto queste domande alla Motorizzazione civile

Premessa

Quando si parla di scatola nera si è soliti pensare ai tragici incidenti aerei. Tuttavia da qualche tempo il termine black box, appunto scatola nera, è ormai entrato nel lessico corrente del comparto automotive, associato più che altro al concetto del risparmio sull’assicurazione auto.

La scatola nera o black box, infatti, è un dispositivo mobile satellitare proposto da molte Compagnie assicurative in comodato d’uso ai rispettivi clienti proprio con la finalità primaria di farli risparmiare sull’importo della polizza auto. Il risparmio lo si deve alla tecnologia Gps di cui è dotata la black box che, installata sulle automobili, permette di desumere il comportamento alla guida dell’automobilista, consentendo alle Compagnie di proporre premi e contratti su misura per ciascun cliente, agevolando quelli più virtuosi. Inoltre, la black box facilita la ricostruzione degli incidenti e consente alle Compagnie assicurative di contrastare il fenomeno delle truffe sulle assicurazioni e dei falsi incidenti, pratica assai diffusa nel nostro Paese.

Al di là del risparmio che di sicuro è apprezzato dagli automobilisti, rimane il fatto che la black box “invade” un po’ la privacy comportandosi come un grande fratello, tema molto delicato per il quale mancano ancora delle regole chiare e definite. Ne parliamo direttamente con l’Architetto Maurizio Vitelli, Direttore Generale della Motorizzazione civile, con il contributo dell’Ing. Pasquale D’Anzi, Dirigente-Div. 5 della Direzione Generale per la Sicurezza Stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Con l’occasione entriamo anche nel dettaglio di alcuni aspetti tecnici, fondamentali per cercare di comprendere le funzionalità e l’efficienza del sistema.

Il montaggio di questi dispositivi prevede regole standard?

Non esistono regole standard ma soltanto una serie di accorgimenti (non disciplinati da norme) che gli installatori – su indicazione del proprietario della black box – rispettano nel montaggio. In particolare, gli installatori tendono ad installare le black box ancorando solidamente le stesse a componenti fisse e rigide del veicolo, possibilmente solidali nel moto al telaio del veicolo stesso. Ciò al fine di migliorare la qualità dei dati dinamici acquisiti a valle della necessaria calibrazione degli stessi.

Chi verifica che le black box non influiscano sulla funzionalità dell’auto considerato che prelevano corrente, captano e trasmettono segnali radio?

Le black box, per l’uso al quale sono destinate, sono necessariamente omologate in termini di compatibilità elettromagnetica con il veicolo.

Sono dispositivi standardizzati oppure ogni Compagnia assicurativa ha un proprio fornitore e, pertanto, in caso di cambio di Compagnia il cliente non può richiedere la portabilità del sistema, cosa che invece avviene con i numeri di telefono?

Le black box oggi commercializzate non sono un prodotto standardizzato né in termini di hardware né di software, né di logiche ed algoritmi di conservazione dei dati e comunicazione remota. Non esiste, ad oggi, portabilità “tecnologica” del contratto di telefonia mobile utile per il trasferimento dei dati. Esiste, soltanto in linea puramente teorica, una ipotesi di “roaming” mediante trasferimento in tempo reale dei dati tra i diversi Telematic System Provider (facenti capo alla vecchia e alla nuova Compagnia di assicurazione). Non risulta però che detto meccanismo – pur non vietato dalla legge – sia mai stato adottato. In più occasioni gli organi tecnici del Ministero hanno proposto soluzioni di portabilità di natura organizzativa che vedevano affidato ad un soggetto terzo (preferibilmente pubblico) l’onere di garantire la portabilità delle black box in caso di cambio di Compagnia. Pur in assenza di effettive alternative, però, dette proposte non sono state recepite nella normativa di settore.

Chi gestisce i dati delle scatole nere e come vengono usati e trattati questi Big Data?

I dati acquisiti tramite il funzionamento delle black box sono gestiti dai Telematic System Provider di cui le Compagnie di assicurazione si avvalgono. Alcune Compagnie assicurative operano però anche direttamente tramite proprie divisioni di servizi telematici.

Quali sono i possibili conflitti con il diritto alla privacy? Cioè, in che modo i dati raccolti dalle Compagnie possono essere utilizzati a discapito degli automobilisti in merito al loro modo di guidare (per esempio, la qualità di guida tracciata dalla scatola nera consente alle Compagnie di proporre a loro discrezione un eventuale sconto in caso di rinnovo della polizza o, di contro, aumentarne l’ammontare)?

L’installazione e l’utilizzo delle black box sono sempre subordinati alla sottoscrizione di un apposito contratto che disciplina anche le finalità di raccolta e di utilizzo dei dati. Ogni Compagnia – e quindi ogni Telematic System Provider – utilizza a tale proposito la propria modulistica e ne risponde integralmente anche sotto il profilo della riservatezza.

I dati registrati sono confrontabili, oppure ciascuna Compagnia ha una propria piattaforma?

Anche in questo caso, ogni Compagnia così come ogni Telematic System Provider utilizza una propria piattaforma. Anche i dati raccolti, registrati e trasmessi non sono standard nonostante le finalità e gli strumenti utilizzati siano certamente analoghi.

Chi garantisce sulla qualità delle scatole nere?

Esclusivamente il produttore e le Compagnie che si avvalgono di tali dispositivi con finalità antifrode e di ricostruzione dei sinistri.

Chi le omologa?

I dispositivi per il tracciamento dei veicoli e la ricostruzione dei sinistri non sono soggetti ad una vera e propria omologazione. Esistono, però, specifiche certificazioni di prodotto e certificazioni di servizio che forniscono la garanzia di qualità dei dispositivi commercializzati e dei servizi resi, comprensivi della “compliance” con le normative tecniche internazionali.

Come funziona una scatola nera

L’attivazione della scatola nera sulle auto permette di raccogliere informazioni come la velocità di guida, il tipo di marcia inserita, l’accelerazione o la decelerazione, i giri del motore, tutti i dati relativi al funzionamento dell’automobile e l’attivazione di sistemi di sicurezza come l’airbag già appena dieci secondi dopo il sinistro. Proprio in caso di controversie per incidenti, i dati rilevati dalla scatola nera rappresentano la prova che accerta con oggettività e precisione le vere cause del sinistro e le modalità con le quali si è verificato l’incidente. Il sistema, infatti, registra la dinamica degli incidenti nei 40 secondi precedenti e nei 10 secondi seguenti l’impatto. Il dispositivo permette quindi sia di ricostruire la dinamica degli incidenti stradali sia di rilevare le eventuali conseguenze attivando prontamente i soccorsi, anche se una recente proposta dell’Unione Europea – che ha già ricevuto la prima luce verde da parte della Commissione – vuole tutti i veicoli di nuova produzione dotati del sistema di chiamata automatica d’emergenza (eCall) a partire dall’ottobre 2015.