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Parlamento europeo al voto su limiti emissioni in condizioni di guida reali

In caso di respingimento del compromesso già raggiunto dagli Stati membri, conseguenze gravi per l’industria automotive europea e italiana

Domani, 3 febbraio, il Parlamento europeo è chiamato a votare la proposta di Regolamento sull’introduzione dei limiti emissivi basati sulle condizioni di guida reali (RDE – Real Driving Emissions), adottata dal Comitato tecnico dei veicoli a motore (TCMV – organo tecnico della Commissione europea composto dai rappresentanti dei 28 Stati Membri) lo scorso 28 ottobre.

Con questa normativa, l’Europa è la prima regione al mondo ad adottare, nel calcolo dei limiti alle emissioni dei veicoli, un approccio basato, anziché soltanto sul ciclo omologativo, anche sulle condizioni di guida reali. E’ un cambiamento su cui l’industria stessa concorda per il raggiungimento dei condivisi obiettivi di miglioramento della qualità dell’aria – in special modo nelle aree urbane, dove è più sentito il problema della concentrazione delle polveri in atmosfera – tenendo in considerazione le tempistiche e la fattibilità degli adeguamenti industriali ai nuovi target.

L’attuale proposta prevede un fattore di conformità (Conformity factor – CF) tra le emissioni da ciclo e quelle reali pari a 2,1 in una prima fase, e a 1,5 nella seconda, ovvero una riduzione delle emissioni dell’80% se rapportato con il CF medio di 7,1 rilevato dallo studio ICCT (International Council on Clean Transportation) nell`ottobre 2014 sui veicoli Euro 6. Non si tratta, quindi, di un indebolimento della normativa vigente, né di una discutibile concessione al settore automotive che, invece, si trova a dover fronteggiare un enorme impegno. Di fatto questi parametri impongono ai Costruttori l’adozione forzosa della tecnologia SCR (Selective Catalytic Reduction) nei motori diesel per la riduzione delle emissioni degli ossidi di azoto (NOx), vale a dire l’introduzione di pesanti modifiche per le quali sono necessari tempi e investimenti ingenti.

Tuttavia, a seguito della risoluzione contraria votata dalla Commissione Ambiente del Parlamento europeo lo scorso 14 dicembre, questa versione del pacchetto RDE rischia di essere respinta, cosa che obbligherebbe le istituzioni di Bruxelles a ricominciare da capo l’iter con una nuova proposta, ancora più stringente per l’industria, e metterebbe in seria difficoltà la competitività del settore e la capacità di raggiungere i target previsti – avendo bisogno di un orizzonte temporale chiaro che assicuri i tempi tecnici per la predisposizione dei consistenti investimenti necessari.

“Siamo di fronte ad un onere importante per l’industria, ma perlomeno in grado di assicurare tempi tecnici adeguati per predisporre i consistenti investimenti necessari, con un orizzonte temporale chiaro. Il respingimento dello stesso comporterebbe una drastica riduzione dei tempi di adeguamento – commenta Aurelio Nervo, Presidente di ANFIA. L’impatto già oneroso per i motori diesel di alta cilindrata, sarebbe insopportabile per i piccoli motori diesel, messi praticamente fuori mercato dai costi di adeguamento proporzionalmente più alti, con tutte le conseguenze del caso in termini occupazionali e di competitività dei Paesi produttori, in primis l’Italia, tra i leader nel comparto. Oltre a ciò, non dimentichiamo – chiude Nervo – che il diesel è una tecnologia fondamentale per l’abbattimento delle emissioni di CO2 e quindi per il raggiungimento dei target stabiliti in questo senso a livello europeo. Ci sono, quindi, interconnessioni importanti da armonizzare tra i diversi Regolamenti, che non possono essere trascurate”.