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Componentistica: positivi segnali di crescita e trasformazione

Nel 2016, in Italia, il comparto arriva a fatturare 40 miliardi. Green, nuovi materiali e infomobilità le maggiori linee di sviluppo per il futuro

 Presentata questa mattina al Circolo dei Lettori, nell’ambito di un ampio convegno dedicato a stampa e operatori del settore, l’ultima edizione dell’Osservatorio sulla componentistica italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, dall’ANFIA e dal Centro CAMI dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Come ha illustrato Vincenzo Ilotte, Presidente della Camera di commercio di Torino nel discorso di apertura: “Registriamo ancora dati positivi per la componentistica italiana, che con 40 miliardi di fatturato nel 2016 realizza una variazione del +4,3% rispetto all’anno scorso. Il Piemonte si conferma come sempre protagonista: con il 36% delle aziende ricava il 40% del fatturato nazionale, attestandosi sui 16 miliardi di euro con una crescita decisa del 7%. Maggiore anche la propensione verso i mercati esteri, che riguarda l’82% delle imprese piemontesi, rispetto ad una media italiana del 76%. Proprio dalle vendite internazionali proviene il 40% del fatturato della filiera piemontese “.

In uno scenario globale che nel 2016 vede la produzione e la domanda di autoveicoli ancora in crescita, con oltre 95 milioni di unità nel primo caso e oltre 94 nel secondo, la componentistica italiana si allinea alle evoluzioni dei maggiori mercati rafforzando i propri livelli di competitività attraverso nuovi investimenti e processi di internazionalizzazione – ha dichiarato Giuseppe Barile, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA. In Italia, dove la produzione del settore automotive è cresciuta del 7% nel 2016, contro il +1,7% della produzione industriale nel suo complesso, e gli 1,1 milioni di autoveicoli prodotti ci qualificano come il sesto Paese produttore in UE, la componentistica dà un contributo importante anche alla bilancia commerciale, manenendo da oltre 20 anni un saldo positivo, pari a 5,5 miliardi di Euro nel 2016 (+0,3%) e circa 3 miliardi nel primo semestre 2017, a conferma di un consolidato successo internazionale”.

Secondo Francesco Zirpoli, Direttore Scientifico del Center for Automotive and Mobility Innovation dell’Università Ca’ Foscari: “La filiera automotive italiana vive un momento di crescita e sviluppo. Tuttavia, il mondo della mobilità sta cambiando. La componentistica italiana potrà essere la spina dorsale su cui fondare il futuro dell’industria della mobilità in Italia se si riuscirà a invertire il trend che la vede investire meno dei competitor internazionali in Ricerca e Sviluppo e fare poco rete per accedere a nuove competenze tecnologiche. Quanto alla situazione italiana nel suo complesso, la sfida da vincere è mantenere in Italia la progettazione e la produzione di autoveicoli, sistemi e moduli ad alta complessità tecnologica. Ciò richiede un’inversione di tendenza negli investimenti in innovazione che al momento pongono l’Italia in posizione di svantaggio rispetto a paesi con una simile tradizione industriale“.

 

Il contesto internazionale 2016/2017

Immatricolazioni – Positivo l’andamento a fine 2016: la domanda di autoveicoli è stata pari a 94,1 milioni di unità, +4,8% rispetto al 2015. La crescita è stata sostenuta in particolare dalle vendite in UE28/Efta (+7%), con l’Italia a +19%, Messico (+19%) e Cina (+14%). Dal 2007 ad oggi la domanda mondiale di autoveicoli, aumentata di oltre il 30%, si è modificata enormemente: i paesi industrializzati e “motorizzati”, storicamente aree di produzione, hanno visto ridurre il peso dei loro mercati dal 57% al 44%, mentre i paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), la cui domanda è cresciuta del 118% rispetto al 2007, hanno raggiunto il 37% delle vendite mondiali (era il 23%).

Nel primo semestre 2017, la domanda globale di autoveicoli ha raggiunto i 47 milioni di unità (+2,6%)2. In Europa le vendite aumentano del 4,1% anche grazie alla Russia, che registra un +7% dopo anni di cali consecutivi. Nello stesso periodo, l’Italia vede crescere le immatricolazioni del 9%, mentre le previsioni di chiusura d’anno si attestano a 1,98 milioni di immatricolazioni circa (+8%).

Produzione – La produzione mondiale di autoveicoli, sostenuta dall’andamento positivo della domanda, nel 2016 ha totalizzato oltre 95 milioni di unità, con un +4,7% sul 2015. L’incremento produttivo mondiale è stato di oltre 4,2 milioni di autoveicoli, di cui 3,5 prodotti in Cina. In Italia sia la domanda interna sia l’export hanno portato ad oltre 1,1 milioni di unità prodotte nel 2016 (+9%). Rispetto al 2007, la produzione mondiale registra, come per le immatricolazioni, un aumento del 30%.

Nel primo semestre 2017, la produzione registra una crescita del +2,4%, e per l’Italia del 4,4%. Nel 2017 la produzione mondiale di autoveicoli dovrebbe confermare il trend superando i volumi 2016. Anche in Italia la crescita sta proseguendo, avendo chiuso il 1° semestre 2017 a +7,3.

Nel 2016 il 54% degli autoveicoli è stato prodotto in Asia-Oceania, il 23% in Europa e il 19% nell’area Nafta, il 4% nel Resto del Mondo. La Cina è il primo Paese produttore del mondo con il 30% della produzione mondiale, seguita da USA (13%) e Giappone (10%). I primi 4 produttori di autoveicoli mondiali sono Toyota Group, Volkswagen Group, Hyundai e GM. FCA ha prodotto 4,7 milioni di autoveicoli nel 2016.

L’Osservatorio sulla componentistica italiana

Quest’anno l’indagine si è basata su 403 questionari compilati on line direttamente dalle imprese della componentistica automotive italiana nella primavera del 2017: tra queste sono state 186 le piemontesi. L’Osservatorio ha analizzato inoltre 1.877 bilanci di società di capitali da cui sono stati estratti ricavi e addetti.

La composizione della filiera

Il mondo della componentistica auto è in continua evoluzione: per tener conto della complessità della filiera, intercettando tutte le categorie di fornitori coinvolti, l’indagine ha voluto quest’anno individuare, nell’ambito del campo di osservazione, anche attività come quelle degli specialisti in telematica e infomobilità, motorsport e aftermarket. Secondo questa logica, tra le imprese della componentistica automotive, si distinguono:

gli integratori di sistemi e i fornitori di moduli, ai vertici della catena di fornitura con stabilimenti collocati in prossimità di quelli del costruttore, che realizzano sistemi o moduli funzionali, con un elevato livello di competenza specificità tale da costituire un vantaggio competitivo, a cui è stata ricondotta anche la categoria degli specialisti in telematica che si occupano di applicazioni legate all’infomobilità

– gli specialisti in motorsport che partendo dalla preparazione di autovetture per le competizioni sportive progettano e realizzano componenti (sedili, volanti, cinture di sicurezza) o forniscono soluzioni adottate anche per le produzioni di serie

– gli specialisti in aftermarket, che realizzano parti e componenti che vendono direttamente sul mercato tramite una rete distributiva o consorzi di ricambisti. Possono avere rapporti di fornitura con le Case automobilistiche ma esistono anche divisioni aftermarket delle stesse multinazionali.

Oltre ai subfornitori, che producono parti e componenti standard secondo specifiche fornite dai clienti e facilmente replicabili dai competitors, e nella cui categoria possono individuarsi le imprese che realizzano lavorazioni meccaniche quali tornitura, fresatura, laminatura, stampaggio o trattamenti (termici, verniciatura ecc.), completano la filiera le attività di engineering e design, protagoniste nell’ideazione e nella progettazione di una vettura, particolarmente numerose in Piemonte (55% del totale italiano) e che forniscono servizi direttamente agli assemblatori oppure ai fornitori di primo livello.

 

Nel 2016 l’universo complessivo delle imprese della componentistica autoveicolare in Italia è risultato pari a 1.877 unità, di cui 676 (il 36%) con sede in Piemonte. Il giro di affari del settore ha raggiunto nel 2016 i 40 miliardi di euro, con un incremento complessivo pari al +4,3% rispetto al 2015. Il Piemonte, con 16 miliardi di euro di fatturato, ha registrato un incremento migliore rispetto a quello nazionale (+7%).

Tutte le imprese della componentistica hanno registrato buone performance: tra i vari fornitori, i più dinamici risultano essere gli specialisti in motorsport (+9,5% a livello italiano e +21,7% a livello piemontese), i subfornitori (lavorazioni) (+9,4%, +12%), gli E&D (+7,8%, +12%) e i sistemisti/modulisti (+5,6%, +10%).

Rapporti con il gruppo FCA

Anche nel 2016 la filiera italiana ha manifestato una rilevante dipendenza dal gruppo FCA, seppur in tendenziale riduzione, con uno spostamento di volumi verso altri fornitori o case auto: il 74% dei produttori italiani di parti e componenti ha infatti dichiarato di avere FCA nel proprio portafoglio clienti (direttamente o indirettamente), contro il 79% rilevato nel 2015. Più alto il dato per il Piemonte: qui il 79% delle imprese dichiara di generare fatturato grazie al gruppo FCA, ma la percentuale era pari all’86% nel 2015. In genere, sia in Italia che in Piemonte, i più dipendenti si dimostrano essere i fornitori di moduli e sistemi, mentre gli specialisti aftermarket e gli E&D risultano essere maggiormente affrancati.

La propensione all’internazionalizzazione della componentistica italiana

In Italia oltre il 76% delle imprese dichiara di esportare: la percentuale è cresciuta di un punto nell’ultimo anno (era il 75%). Nel complesso, dall’export deriva il 39% del

fatturato complessivo dell’automotive. È l’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) la principale destinataria dell’export italiano, citata dall’86% delle imprese, ma i primi 5 mercati risultano tutti in Europa (Germania, Francia, Polonia, Spagna, Regno Unito).

Ancora più aperto all’internazionalizzazione si dimostra il Piemonte, con l’82% di esportatori (81% nel 2015) e una quota di fatturato connesso all’attività con l’estero pari al 40%. Buoni i trend registrati: il 62% delle imprese piemontesi ha dichiarato di aver visto aumentare il fatturato estero, performance che si è tradotta in una crescita media del giro d’affari dedicato pari al +12% rispetto al 2015, nettamente superiore a quella del resto d’Italia (+4,2%). Qui tra i primi 5 paesi di destinazione compaiono anche gli USA, dopo Germania, Francia, Polonia, Spagna, con il 5,4% delle vendite all’estero.

Capacità produttiva

Una componentistica in salute, grazie a export, diversificazione geografica e produttiva e ampliamento dei mercati di destinazione, riesce a mantenere un elevato livello di saturazione della capacità produttiva, che nel 2016 si è attestata ad una media del 78%. La quota di imprese che ha dichiarato una percentuale di saturazione degli impianti superiore all’80% è passata dal 51% del 2015 a oltre il 61% del 2016 e ha riguardato indistintamente tutti i segmenti produttivi della filiera.

Trend e prospettive

C’è ottimismo tra gli operatori del settore: per l’anno in corso le aspettative non solo si mantengono di segno positivo, ma si rafforzano rispetto all’anno precedente: l’87%

degli operatori si dichiara ottimista (80% nel 2015) e la fiducia pervade tutti i cluster, con previsioni particolarmente rosee per i fornitori di moduli e sistemi (91% con previsioni di crescita), gli specialisti e gli E&D (89%) e l’aftermarket (l’80%). Green, nuovi materiali, infomobilità, guida autonoma, motori elettrici o ibridi rappresentano le nuove direzioni nel processo di trasformazione dell’indotto automotive nazionale e piemontese: su questi temi si concentrano le previsioni di investimenti futuri.

Ma le strategie riguarderanno anche la risoluzione di problemi attuali come l’ampliamento e la diversificazione del portafoglio clienti (obiettivo per circa il 40% delle aziende), la riduzione dei costi e la riorganizzazione dei processi.

Innovazione e ricerca

Il 71% del campione dichiara di investire parte del proprio fatturato in attività di ricerca e sviluppo (in Piemonte il 68%). Gli specialisti risultano la categoria che, in termini complessivi, ha la percentuale di rispondenti più attiva, con un totale dell’83% di imprese che investono una parte del proprio fatturato in R&S. Sebbene la percentuale di E&D che investono in R&S diminuisca sensibilmente rispetto ai risultati del 2016, passando dal 90% al 77% di imprese, aumentano le imprese che investono in modo consistente (più del 15% del proprio fatturato) passando dal 22,5% al 39% dell’edizione 2017.

Di che tipo di innovazione si tratta? Il 58% dei rispondenti ha dichiarato di aver introdotto nel mercato prodotti nuovi o significativamente migliorati: nel 76% dei casi (il 73% a livello piemontese) l’impresa è stata propulsore nel proprio mercato di riferimento e, solo in percentuale residuale, ha innovato esclusivamente per adeguarsi alle imprese concorrenti con prodotti nuovi solo per l’impresa.

Lo sviluppo delle innovazioni avviene principalmente “in house”, grazie all’utilizzo di risorse interne; solo il 27% delle imprese svolge attività di innovazione attraverso collaborazioni instaurate dall’impresa stessa con istituzioni, ad esempio l’università. I risultati confermano come il ricorso a forme di innovazione collaborativa permettano alle imprese di raggiungere superiori risultati in termini di innovazione: si auspica quindi che in futuro ci sia un maggior ricorso alle forme di innovazione e ricerca inter organizzativa.