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Come convertire l’auto a combustione in elettrica

Con il Decreto n. 219 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si aprono nuove opportunità per gli autoriparatori che hanno la possibilità di qualificarsi come installatori di sistemi. Abbiamo posto alcune domande al Direttore generale della Motorizzazione civile per approfondire gli aspetti più importanti del Decreto

A pochi mesi dall’entrata in vigore del Decreto 1 dicembre 2015 n. 219 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul sistema di riqualificazione elettrica dei veicoli circolanti, meglio noto come retrofit, si aprono nuovi scenari per il mercato dell’aftermarket automotive

Da una parte, infatti, si crea una nuova filiera dedicata al mondo dell’elettrico e conversione auto elettrica, con gli autoriparatori che hanno la possibilità di qualificarsi come installatori di kit trasformazione auto elettrica; dall’altra gli automobilisti, attraverso i kit conversione auto elettrica, hanno la possibilità di riconvertire le auto a combustione endotermica (benzina o diesel) non conformi alle ultime norme sulle emissioni (Euro 5 o Euro 6) in veicoli elettrici, mantenendo così ancora circolanti i loro veicoli ma rinnovati nelle loro funzionalità, con benefici per l’ambiente e con la libertà di accedere anche nei centri urbani a traffico limitato. I benefici di trasformare l’ auto in elettrica si estendono anche alle aziende che svolgono distribuzione di merci nei centri urbani perché, convertendo i loro veicoli da endotermici ad elettrici, avranno meno vincoli alla circolazione.

Il Decreto “Sistema di riqualificazione elettrica” individua le procedure che permettono l’omologazione di sistemi di riqualificazione elettrica destinati ad equipaggiare i veicoli dotati in origine di motore tradizionale, consentendone la conversione in trazione esclusiva elettrica. Entrato in vigore il 26 gennaio scorso, tale Decreto rappresenta un segnale concreto per la mobilità sostenibile nel nostro Paese e una vera innovazione che permetterà all’Italia di essere il primo Paese in Europa a intraprendere una strada così importante per la mobilità sostenibile di persone e merci. Per saperne di più, approfondiamo il tema con l’Architetto Maurizio Vitelli, Direttore generale della Motorizzazione civile.

Architetto, cosa prevede il Decreto?

La possibilità di convertire un veicolo con motore endotermico in un veicolo totalmente elettrico. Il nuovo Decreto ha, infatti, l’obiettivo di stabilire le procedure tecniche e amministrative per l’omologazione dei sistemi “destinati ad equipaggiare autovetture, autobus e autocarri leggeri dotati in origine di motore endotermico, consentendone la conversione in trazione esclusiva elettrica”. Questo passaggio era necessario per regolamentare, come previsto dal nuovo Codice della strada, le procedure per riqualificare un veicolo con motore a benzina o gasolio in uno a esclusiva trazione elettrica.

Per quali veicoli è possibile applicare la riqualificazione elettrica?

Potranno essere riconvertiti tutti gli autoveicoli destinati al trasporto di persone e di merci, autovetture, autobus e i veicoli commerciali leggeri, cioè gli autocarri di massa fino a 3,5 t. Dunque, veicoli delle categorie M ed N1.

Quindi, al momento, sono escluse le due ruote?

Al momento sì, ma non si esclude un provvedimento futuro qualora dovesse nascere un interesse reale per tale tipo di riqualificazione.

Tecnicamente come avviene la riconversione del veicoli da endotermico ad elettrico?

Esistono diversi tipi di soluzioni più o meno “invasive”. In un caso, ad esempio, il motore classico a combustione viene sostituito con un motore elettrico e il serbatoio di carburante viene tolto per lasciare spazio alle batterie. Inoltre, viene installato un sistema di regolazione per la carica delle batterie e per l’erogazione dell’energia elettrica che funziona attraverso un inverter. Quanto al cambio, rimane fino a tre marce più la retromarcia. Inoltre, sul cruscotto viene collegato un sistema di interfaccia di comando e di controllo. Le scelte vanno verso soluzioni che non interferiscono con i vari sistemi di sicurezza del veicolo e che rispondono ai requisiti di maggior tutela dell’ambiente nell’ottica di una mobilità sempre più sostenibile.

Dove è possibile riqualificare il veicolo in elettrico?

Come specifica il Decreto, per prima cosa bisogna omologare un “sistema di riqualificazione elettrica” da parte delle aziende produttrici. La domanda di omologazione deve essere presentata presso un Centro Prova Autoveicoli che procederà alle verifiche e alle prove previste dal Decreto stesso. All’esito positivo delle prove e della verifica di conformità del sistema produttivo è rilasciata l’omologazione del sistema dalla Divisione 3 della Direzione Generale per la Motorizzazione. Successivamente il sistema (kit) potrà essere installato sui veicoli per i quali sia stato omologato. Le modifiche necessarie per la riconversione del veicolo da endotermico ad elettrico possono essere effettuate solo da autofficine autorizzate opportunamente come installatori di sistemi.

In cosa consiste il kit per la riconversione elettrica?

Il kit è composto da un motore elettrico con convertitore di potenza, un pacco batterie e un’interfaccia con la rete per la ricarica delle batterie.

Quanto costerà la conversione elettrica di un’autovettura?

I costi dipendono da una serie di fattori, primo fra tutti dai costi di produzione dei kit per riqualificare gli autoveicoli a combustione (diesel, benzina, metano o Gpl) in elettrica. A questi vanno aggiunti quelli di installazione e di aggiornamento della Carta di circolazione, anche se questi ultimi possono ritenersi trascurabili rispetto ai primi. È intuitivo che un intervento di riqualificazione elettrica assume maggiore significato se effettuato su veicoli di valore elevato, per esempio autobus.

Qual è l’iter burocratico per la riqualificazione elettrica dei veicoli circolanti? È richiesta una specifica omologazione?

La procedura è molto simile a quella del montaggio di un impianto a gpl o metano: il produttore del kit deve sottoporlo all’omologazione e fornire le prescrizioni per il montaggio, che verrà poi eseguito dall’autoriparatore qualificato. Terminata l’installazione, il veicolo dovrà essere presentato alla Motorizzazione locale dove verrà sottoposto a prove e controlli per l’aggiornamento della Carta di circolazione. Non è richiesta altra omologazione né il nulla osta da parte del costruttore.

Il mercato è già pronto?

C’è un considerevole fermento intorno alla riqualificazione elettrica e ho notizia che già qualche costruttore abbia avviato le procedure per l’omologazione. Ritengo sia comunque una grande opportunità per la mobilità sostenibile che il mercato deve cogliere e in cui farsi trovare preparato. Mi riferisco alle imprese produttrici dei componenti come per esempio batterie, motori elettrici e sistemi elettronici, ai produttori di kit e agli installatori che, insieme, devono contribuire a creare la filiera per rispondere in modo adeguato alle richieste di tutte le categorie di consumatori, dal cittadino alle aziende con flotte oppure ai servizi pubblici.

A proposito della rete di ricarica e delle modalità di ricarica delle batterie, quali sono i piani?

La riconversione dei veicoli in elettrico in circolazione comporterà un aumento della domanda di ricarica, perciò sarà necessario avere sul territorio una maggiore capillarità di colonnine di ricarica. A tale scopo è in fase di attuazione un apposito piano infrastrutturale.

Per le auto a combustione, l’automobilista decide la quantità di rifornimento in funzione delle proprie esigenze. Questo sarà possibile anche con le vetture riqualificate in elettriche o con le vetture elettriche nuove?

Nei limiti delle capacità delle batterie ritengo che, anche in tali casi, si potranno pianificare le ricariche.

Questo Decreto è dunque la spinta giusta per la mobilità elettrica?

Rappresenta di sicuro un contributo per la riconversione elettrica del parco auto circolante. Sono state create le condizioni per consentire agli operatori del settore di procedere alla riqualificazione elettrica sui veicoli circolanti, senza la necessità di fare “pellegrinaggi” presso Paesi esteri.